È REATO ROVISTARE NEI CASSONETTI E GETTARE PER TERRA CIÒ CHE NON TORNA UTILE?

Lo scorso 7 giugno la seconda Sezione penale della Corte di Cassazione ha emesso una sentenza, la N. 29018, che trovo di particolare interesse, in considerazione della scottante attualità del tema affrontato.

Il caso sottoposto alla valutazione della Corte Suprema riguarda infatti una realtà cui, purtroppo, assistiamo pressoché quotidianamente nelle nostre città, ed attiene alla condotta di un soggetto che era stato sorpreso a rovistare nei cassonetti, in cerca di qualcosa che potesse risultargli utile.

Come quasi ogni giorno tutti vediamo fare in città, aperti i sacchi della spazzatura, il soggetto procedeva ad una sommaria selezione del loro contenuto ed abbandonava quindi al suolo ciò che non poteva avere alcun interesse.

È evidente che, in conseguenza di ciò, il suolo pubblico, nelle vicinanze dei cassonetti, appare sporco, sgradevole, maleodorante e risulta spesso disgustoso e ripugnante per i cittadini.

Al di là delle questioni squisitamente tecnico-giuridiche affrontate dalla sentenza con riferimento alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, ciò che invece mi preme sottoporre alla Vostra attenzione è il fatto che la Cassazione concorda con il Giudice del merito nel ritenere che il comportamento dianzi descritto configuri gli estremi del reato di “Deturpamento e imbrattamento di cose altrui” di cui al secondo comma dell’art. 639 c.p..

Questa norma infatti al primo comma stabilisce che “Chiunque, …. deturpa o imbratta cose mobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a € 103” ed al secondo comma, stabilisce : “Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro”.

La massima della sentenza in esame, che titola: “Integra deturpamento lasciare materiale per strada dopo aver rovistato nei cassonetti della raccolta differenziata”, recita quindi: “Integra il delitto di cui all’art. 639, comma 2, cod. pen. (deturpamento) la condotta di chi, dopo aver rovistato nelle buste dei rifiuti conferiti in regime di raccolta differenziata, al fine di asportare quanto di suo interesse, rompe le buste che li contengono ed asporta quanto a lui utile, abbandonando il resto sulla pubblica via, in ragione del pregiudizio dell’estetica e della pulizia conseguente, risultando imbrattato il suolo pubblico in modo tale da renderlo sudicio, con senso di disgusto e di ripugnanza nei cittadini (nella specie, la Corte ha ritenuto che non vale ad escludere l’elemento soggettivo del reato la circostanza che l’agire dell’imputato fosse stato sorretto dalla volontà di disfarsi momentaneamente, ovvero di accantonare, i materiali che non erano a lui più utili, ciò attenendo alle ragioni che lo avevano spinto a delinquere, profilo estraneo all’accertamento del dolo che, invece, investe la verifica della previsione e volontà del fatto tipico, cioè di tutti gli elementi oggettivi della fattispecie di reato)”.

Nel caso di imbrattamento e/o deturpamento del suolo pubblico, che rientra tra le cose immobili, non occorre la querela del privato perché nella norma è espressamente prevista la perseguibilità d’ufficio della condotta illecita.

In definitiva, quindi, alla luce della sentenza esaminata, non sembra possano residuare dubbi sulla rilevanza penale del comportamento dianzi descritto.

Pertanto, in forza di questa precisa indicazione della Corte di Legittimità, risulta sicuramente legittimo, se non auspicabile, l’intervento delle Forze dell’Ordine e, in particolare, della Polizia Locale, per cercare di reprimere queste condotte, purtroppo molto diffuse, che contribuiscono pesantemente al degrado delle nostre città.

 

Prima di chiudere questa breve nota, però, non posso non dare voce, in questa sede, anche a chi, pur consapevole della correttezza di far ricadere le condotte indicate nella sfera di operatività del reato di “Deturpamento e imbrattamento di cose altrui”, di cui all’art. 639 c.p., si pone il problema di poter a volte escludere, facendo ricorso allo stato di necessità, la punibilità delle persone più bisognose, che sono costrette a cercare di sopravvivere anche provando a riutilizzare ciò che altri hanno gettato nelle immondizie.

 

 

Avv. Massimo Biffa

Roma, 8 agosto 2018