
IN PRESENZA DI PREGRESSE DENUNCE DA PARTE DELLA VITTIMA È LEGITTIMO, NEI REATI ABITUALI, L’ARRESTO IN QUASI FLAGRANZA
Nella mia ricerca di argomenti di particolare rilievo da sottoporre all’attenzione dei componenti il Corpo della Polizia Municipale iscritti alla Dippol, ho letto una recente sentenza della Corte di Cassazione nella quale viene affrontato un caso di sicuro interesse.
- Il fatto oggetto della pronuncia è il seguente: i Carabinieri di Firenze – che già in precedenza avevano ricevuto denunce dalla persona offesa, la quale aveva lamentato che, in almeno due episodi, il prevenuto si era appostato di fronte alla finestra della sua abitazione e aveva iniziato a masturbarsi; in un caso aveva anche cercato di arrampicarsi fino alla finestra mentre, in altre occasioni, l’uomo aveva lasciato dei biglietti, su cui era scritto il proprio numero di telefono, nella serratura della porta o sul davanzale della finestra della persona offesa – erano stati chiamati dalla medesima perché era stata rincorsa dal prevenuto mentre stava rientrando nella propria abitazione. Fortunatamente la donna era riuscita ad entrare in casa prima che costui la bloccasse, nonostante l’uomo avesse cercato di afferrarla per un braccio.
Giunti sul posto, i Carabinieri trovarono l’uomo nei pressi dell’abitazione della donna e, perquisitolo, rinvennero sulla sua persona biglietti analoghi a quelli già descritti dalla persona offesa, nonché un telefono cellulare al cui interno era contenuta una scheda sim corrispondente al numero di telefono scritto sui bigliettini.
Sulla scorta di tali elementi, quindi, i Carabinieri di Firenze eseguirono l’arresto dell’uomo per il reato di atti persecutori in danno della donna.
- Il Giudice monocratico del Tribunale di Firenze, però, non convalidava l’arresto poiché, a suo avviso, nel caso concreto l’arresto non era consentito per l’assenza di flagranza o quasi flagranza, in quanto l’azione non si era svolta sotto l’osservazione degli operanti.
III. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha invece proposto ricorso per Cassazione per violazione di legge avverso la predetta decisione sostenendo che, nel caso di specie, si è di fronte ad una situazione di quasi-flagranza che, in quanto tale, consentiva l’arresto da parte della Polizia Giudiziaria. L’arrestato era stato infatti sorpreso a circa 100 metri dall’abitazione della donna, mentre aveva in tasca un biglietto simile a quelli lasciati, giorni prima, sul davanzale della finestra della medesima.
- Con sentenza del 3 dicembre 2018 – 21 febbraio 2019 n. 7915, la Sezione V penale della Corte Suprema di Cassazione, ritenuto fondato il ricorso, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata perché l’arresto è stato legittimamente eseguito.
Nella motivazione della decisione, infatti, la Corte, dopo aver ricordato che, “Ai sensi dell’articolo 382 c.p.p., <<è in stato di flagranza chi viene coto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o a altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima>>, e dopo aver richiamato la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 39131 del 24.11.2015, Rv: 267591, secondo la quale la flagranza è caratterizzata dalla contestualità tra il reato e l’accertamento di polizia, “nel senso che la percezione del reato – da parte di chi procede all’arresto – deve essere diretta e non mediata da terze persone (neppure dalla vittima)”, specifica che “La percezione è diretta, però, anche quando è desunta da fatti obiettivi, quali sono il possesso – da parte del reo – di “cose” che colleghino il soggetto al reato, ovvero quando questi abbia indosso “tracce” che consentano di stabilire lo stesso collegamento. Dal che si arguisce che, per potersi parlare di flagranza, è sufficiente che siano desumibili, dal contesto, elementi che provino, nella maniera anzidetta, la commissione di un reato (per il quale è consentito l’arresto in flagranza) e di attribuirlo con certezza ad un soggetto determinato. La ratio della norma – che comporta una deroga importante al principio di cui all’art. 13 Cost. – è, infatti, quella di autorizzare un intervento repressivo immediato da parte delle forze di polizia – senza l’ordine del magistrato – allorchè sia ridotto al minimo il pericolo di una ingiusta compromissione della libertà personale”.
Nel prosieguo della motivazione la Corte spiega inoltre che l’applicazione pratica dei criteri sin qui individuati dovrà tenere conto anche della natura dei reati da reprimere di volta in volta e sottolinea che nei reati abituali come, per fare qualche esempio, il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. o il reato di maltrattamenti in famiglia, di cui all’art. 572 c.p., nei quali ben raramente la polizia giudiziaria assiste direttamente a tutta la sequenza criminosa che integra l’abitualità, sarà comunque possibile procedere all’arresto in flagranza grazie alle pregresse denunce fornite dalla vittima, che si sommano con quanto direttamente appreso dagli operanti.
La massima di questa interessante sentenza della V Sezione penale della Corte di Cassazione è infatti così articolata:
“Nei reati abituali è legittimo l’arresto in quasi-flagranza anche quando il bagaglio conoscitivo dell’operante derivi da pregresse denunce della vittima, relative a fatti a cui egli non abbia assistito personalmente, purchè assista a una frazione dell’attività delittuosa che, sommata a quella oggetto di denuncia, integri l’abitualità richiesta dalla fattispecie incriminatrice, ovvero purchè, in virtù del suo bagaglio conoscitivo, l’operante medesimo sorprenda il reo con cose o tracce dalle quali appaia che questi ha commesso il reato (abituale) immediatamente prima”.
Sulla scorta di questa motivazione, quindi, come dianzi riferito, la Corte Suprema ha annullato l’ordinanza di non convalida dell’arresto per atti persecutori operato dalla Pg che, come visto, aveva colto il prevenuto nei pressi dell’abitazione della parte offesa, in possesso di biglietti analoghi a quelli rinvenuti, giorni prima, dalla vittima e dalla stessa descritti alla Pg con l’indicazione del numero di telefono risultato corrispondente alla scheda sim pure rinvenuta all’esito della perquisizione.
Avv. Massimo Biffa
Roma, 13 maggio 2019