LA CORTE COSTITUZIONALE CENSURA L’AUTOMATISMO TRA MISURE DI SICUREZZA PERSONALI E REVOCA DELLA PATENTE

Reputo molto importante segnalare alla Vostra attenzione la recente sentenza della Corte Costituzionale N. 24/2020 del 16.01.2020, depositata il 20.02.2020, emessa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del Nuovo Codice della Strada, promosso dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per le Marche e dal Tribunale Ordinario di Lecco.

I. I due organi giurisdizionali hanno entrambi dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale, poiché sarebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione e, secondo il primo giudice, anche con gli artt. 4, 16 e 35 Cost..
Per agevolare la lettura di questa nota, giova ricordare che il novellato art. 120 cod. strada, sotto la rubrica «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’art. 116», nei suoi commi 1 e 2, dispone:
«1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali […], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi […]»;
«2. […] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida […]”.

II.1. Nel caso oggetto del giudizio dinanzi al TAR per le Marche, il Prefetto di Ancona aveva revocato la patente di guida ad un soggetto che, con provvedimento del giudice, era stato sottoposto alla misura di sicurezza personale della libertà vigilata; il magistrato che aveva adottato la misura di sicurezza personale, tuttavia, gli aveva “concesso di poter continuare a fare uso della patente <<in costanza di misura di sicurezza per ragioni legate all’attività lavorativa>>”.
Il Tar per le Marche, quindi, nel sollevare la questione di legittimità della norma, aveva osservato che la possibilità concessa dal giudice, di guidare l’auto per ragioni collegate all’attività lavorativa, era stata vanificata dalla revoca del titolo di guida disposta dal Prefetto di Ancona nell’esercizio del potere “vincolato” previsto dall’art. 120, comma 2, del Codice della strada.
La finalità di tutela di esigenze personali, familiari e lavorative, perseguita dal legislatore anche nei confronti dei soggetti sottoposti a misure di sicurezza, innegabilmente rischia di rimanere frustrata dall’applicazione “automatica” della revoca della patente di guida da parte del prefetto, a fronte della irrogazione di ogni e qualsiasi misura di sicurezza personale al suo titolare, senza una valutazione “caso per caso” delle condizioni che rendano coerente, o meno, la revoca del titolo abilitativo alla funzione rieducativa della misura irrogata.
Oltre a queste fondamentali motivazioni – che la Corte ha posto alla base della sua decisione – ulteriore motivo di irragionevolezza della norma ritenuta costituzionalmente illegittima va quindi individuato nella “contraddizione tra scopi e poteri esercitati dalle diverse autorità (Giudice e Prefetto) di fronte alla medesima vicenda”.
Sulla scorta di tali argomenti, quindi, il Giudice rimettente, TAR per le Marche, auspicava “….. che la revoca amministrativa della patente nei confronti dei soggetti sottoposti a misure di sicurezza personale, sia …. sottratta all’automatismo previsto dalla norma denunciata, con dichiarazione di illegittimità costituzionale, di tipo sostitutivo, analoga a quella …… già adottata, con sentenza n. 22 del 2018, con riguardo all’identico meccanismo di revoca della patente previsto dalla medesima disposizione nei confronti dei soggetti condannati per reati in materia di stupefacenti”.

II.2. Come dianzi rappresentato, anche il Tribunale ordinario di Lecco, in altro giudizio, dubitando della legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2 del Codice della Strada, aveva rimesso la questione alla Corte Costituzionale sul rilievo che “con particolare riferimento alle misure di sicurezza, prevedere un trattamento unitario e automatico appare irragionevole di fronte alla molteplicità di situazioni (che presuppongono una pericolosità del soggetto più o meno grave e non necessariamente incidono sui requisiti fisici e morali necessari per guidare) e di misure di sicurezza che potrebbero essere applicate (più o meno rigorose e più o meno protratte nel tempo)”.

III. Occorre sottolineare nuovamente che, come detto, con sentenza n. 22 del 2018, il comma 2 dell’art. 120 del Codice della Strada è già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, «nella parte in cui – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente»” in considerazione della contraddizione insita nel fatto che «- agli effetti dell’adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarità della patente) – mentre il giudice penale ha la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il “dovere” di disporne la revoca».

IV. Ebbene, secondo quanto evidenziato dai giudici rimettenti la questione di costituzionalità, appare chiaro che ragioni analoghe a quelle poste a base della sentenza n. 22 del 2018 ricorrono anche con riguardo all’automatismo della revoca, in via amministrativa, della patente, che il medesimo comma 2 dell’art. 120 cod. strada prevede a seguito della sottoposizione del suo titolare a misura di sicurezza personale.
Anche con riguardo alla revoca prefettizia del titolo di abilitazione alla guida, che consegue alla fattispecie delle misure di sicurezza, lo stesso effetto (revoca della patente) è indifferenziatamente ricollegato ad una pluralità di fattispecie sicuramente non omogenee, poiché connotate dalla pericolosità, più o meno grave, del soggetto e dalla varietà e diversa durata delle misure di sicurezza personali previste dall’art. 215 del codice penale, ovvero da leggi speciali.
Si tratta di misure che, ove non detentive (come la libertà vigilata, i divieti di soggiorno in determinati comuni o province e di frequentazioni di osterie), sono pur tutte compatibili con la possibilità di utilizzare il titolo di abilitazione alla guida.

V. Ebbene, pronunciandosi sulla questione sottoposta al proprio giudizio, la Corte costituzionale ha ribadito la contraddizione in cui l’ordinamento irragionevolmente incorre laddove, nei confronti del medesimo soggetto e in relazione alla stessa condizione di pericolosità sociale, lascia al magistrato di sorveglianza la possibilità di consentire l’uso della patente di guida, mentre impone al Prefetto il provvedimento di revoca e, con la sentenza 20 febbraio 2020, n. 24 – Pres. Cartabia, Red. Morelli ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992 (Codice della strada) per violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, “nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale”.

 

Avv. Massimo Biffa

Roma, giugno 2020