La recidiva ed il reato di Guida in stato di Ebbrezza.

Oggi desidero soffermarmi con Voi su ciò che accade quando di uno stesso istituto giuridico viene fatto uso in ambiti apparentemente identici, ma sostanzialmente diversi.

Di cosa sto parlando?

Della recidiva.

Detto istituto, come a Voi noto disciplinato dall’art. 99 c.p. è conosciuto anche dal Codice della Strada ove, però, è attribuito un significato diverso rispetto a quello descritto dal Codice Penale.

Come senz’altro ricorderete, infatti, nel Codice Penale si parla di recidiva allorquando un soggetto, dopo essere stato condannato con sentenza irrevocabile per un delitto non colposo, ne commette un altro.

La recidiva nel Codice Penale è ormai pacificamente riconosciuta dalla Giurisprudenza di Legittimità come una circostanza aggravante che comporta un più grave trattamento sanzionatorio per chi, come detto, sia ricaduto nel delitto nonostante una precedente condanna. Diviene addirittura una aggravante ad effetto speciale quando comporta  un aumento di pena superiore ad un terzo (Cfr. Cass. Pen. SS.UU., n.  20798 del 24/05/2011).

Nella politica criminale adottata dal Legislatore, quindi, l’istituto della recidiva è volto ad inasprire il trattamento sanzionatorio quando il reo non ha dimostrato alcun pentimento in conseguenza della prima condanna e non ha compreso la funzione rieducativa della pena precedentemente inflittagli.

Occorre precisare, per chiarezza e completezza, che la recidiva non integra uno “status” soggettivo desumibile dal certificato penale, ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna emessi nei confronti di una persona (Cass. Pen. Sez. I, 19 febbraio 2013, n. 13398) atteso che, per produrre effetti penali, la recidiva deve essere ritenuta dal giudice nel processo di cognizione dopo una sua regolare contestazione in tale sede da parte del Pubblico Ministero.

In altri termini, se la recidiva non viene formalmente contestata dall’Accusa, la stessa non può essere ritenuta “d’ufficio” dal Giudice.

Ben diverso, invece, è il significato che viene dato allo stesso istituto dal codice della strada che lo utilizza, ad esempio, nella fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) (c.d. Guida in stato di ebbrezza) con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.

Difatti, per tale violazione è previsto in caso di recidiva nel biennio la revoca della patente di guida.

Testualmente la norma prevede che “la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del Titolo VI, in caso di recidiva nel biennio”.

In merito alla natura giuridica della recidiva di cui al C.d.S., la Suprema Corte di Cassazione ha affermato, sul solco di un consolidato orientamento secondo il quale si tratta di un mero effetto legale rilevante sul piano amministrativo, connesso al rilievo storico della ripetizione, entro un arco di tempo predeterminato di un illecito penale (Cfr. Cass. Pen.Sez. IV n. 28293 del 15 settembre 2020).

A differenza dell’istituto della recidiva contemplato dal Codice Penale, la recidiva disciplinata dal Codice della Strada è pressoché un “automatismo”, atteso che la sua operatività  scatta se, nell’arco temporale del biennio dalla precedente condotta di guida in stato di ebbrezza, l’individuo venga nuovamente colto alla guida sotto l’effetto di alcool.

E’ bene precisare, a tale proposito che la “recidiva nel biennio” non è integrata nella sola ipotesi di reiterazione della sola fattispecie più grave, quale è quella di cui alla lett. c) del citato articolo.

Difatti, “la collocazione topografica di tale previsione normativa – afferma la Suprema Corte di Cassazione (Cfr. Cass. Pen.Sez. IV n. 28293 del 15 settembre 2020) – non costituisce argomento dirimente, poiché la lett. c) è comunque collocata nel secondo comma dell’art. 186 cod. strada, all’interno del quale è inserita anche l’ipotesi di reato di cui alla lett. b).”

Per inciso, poi, ai fini del computo del biennio rileva non la data di commissione del fatto-reato precedente bensì quella di passaggio in giudicato della relativa sentenza.

Sebbene dunque, come anticipato, l’istituto della recidiva di cui al Codice Penale e quello di cui al Codice della Strada appaiano simili, anche in considerazione dell’aggravamento delle conseguenze punitive cui va incontro il responsabile, deve sottolinearsi come in realtà lo stesso istituto abbia una differente caratura e natura nei due ambiti dell’Ordinamento.

Invero, e lo abbiamo già visto, nel C.d.S. la recidiva è un mero effetto ad applicazione obbligatoria, nel Codice Penale, invece, è una circostanza inerente la persona del colpevole che trova applicazione ed estensione solo se contestata e poi ritenuta sussistente dal Giudice.

Ma non è finita.

Invero, una delle differenze sostanziali tra i due istituti risiede nel fatto che per la realizzazione della condizione di recidiva nel biennio di cui all’art. 186, comma II, lett. c), C.d.S., è necessario che la stessa abbia luogo con riferimento al medesimo reato di guida in stato di ebbrezza (Cfr. Cass. n. 36456/2014 e Cass. n. 27713/2019).

Quanto sopra consente di comprendere come, ai fini dell’applicazione della recidiva, entrambe le condotte dell’autore del reato  debbano concretizzarsi nella violazione della stessa previsione normativa, ossia l’art. 186 C.d.S.

Questo significa che, a differenza di quanto previsto dal Codice Penale, non potrà essere disposta la revoca della patente di guida nel caso in cui l’illecito sia differente da quello precedente.

Meritevole di attenzione, poi, è la questione concernente l’ipotesi in cui il reato di guida in stato di ebbrezza sia stato dichiarato estinto in conseguenza del positivo svolgimento dei lavori di pubblica utilità.

Sul punto la Corte di Cassazione è stata investita del seguente quesito: l’estinzione del reato per effetto del positivo superamento del periodo di messa alla prova può essere valutata dal Giudice in un successivo giudizio come precedente specifico ai fini del giudizio circa la recidiva nel biennio ex art. 186, comma II, lett. c), C.d.S?

I Giudici di Piazza Cavour, rispondendo positivamente al quesito, hanno affermato che “il positivo espletamento del lavoro di pubblica utilità non esclude, ed anzi presuppone, l’avvenuto accertamento del fatto storico costituente reato ciò non esime il Giudice dal prendere in considerazione il delitto commesso in caso di successiva infrazione ex art. 186 C.d.S” (Cfr. Cass. Pen. n. 33209 del 27/10/2020).

A proposito di svolgimento di lavori di pubblica utilità, vale la pena ricordare che qualora siffatta attività abbia avuto esito positivo, consente all’imputato di ottenere la riduzione alla metà della sospensione della patente di guida e la revoca della confisca del veicolo.

Conclusivamente, dunque, è possibile affermare, sulla scorta di quanto sostenuto dalla Suprema Corte di Cassazione, che:

  • “con il termine “recidiva” (non in senso tecnico, ma col generale significato riconducibile all’aggettivo “recidivo”, nel senso di chi ricade in una situazione di colpa o comunque negativa) il legislatore del codice della strada intende riferirsi semplicemente alla situazione di chi, già condannato per la commissione di una condotta illecita, penalmente rilevante, sussumibile nella generale figura criminosa del reato di guida in stato di ebbrezza di cui al comma 2 dell’art. 186 c.d.s., venga nuovamente condannato (nel biennio) per lo stesso reato, ma nella sua forma più grave [quella della lett. c)]” (Cfr. Cass. Pen. IV Sez. n. 28293 del 15 /09/2020).

e che:

  • il positivo svolgimento dei lavori di pubblica utilità cui consegue la declaratoria di estinzione del reato non impedisce al giudice di prendere in considerazione detto fatto come precedente ai fini del giudizio relativo alla recidiva nel biennio (Cfr. Cass. Pen. n. 33209 del 27/10/2020 cit.)

 

Avv. Massimo Biffa

 

 

Roma, 16 luglio 2021