L’ART. 6 DEL CODICE DI COMPORTAMENTO DEI DIPENDENTI DEL COMUNE DI ROMA – CAPITALE

Cari soci,

il ritmo frenetico di produzione della normativa penale e non che si rivolge anche e/o solo alla Polizia Locale, ci ha portato – a mio avviso – a non prestare la dovuta attenzione ad un complesso di norme che riguarda da vicino ogni dipendente del Comune di Roma, qualunque sia la sua posizione ed il ruolo rivestito, dunque anche a voi.

Mi riferisco al “codice di comportamento” approvato con deliberazione della Giunta Capitolina n. 141 del 30.12.2016, divenuta esecutiva per decorrenza dei termini di legge il 21 gennaio 2017 e che è andato a sostituire integralmente il “vecchio” codice del 2013.

In particolare, l’articolo sul quale in questa sede intendo soffermarmi è l’art. 6.

Tale scelta trova la sua ragion d’essere nel fatto che tale articolo risulta strettamente connesso all’attività della Dippol che, come noto, si propone di assicurare la difesa degli appartenenti alla Polizia Locale allorquando si trovino coinvolti in procedimenti penali ed in procedimenti disciplinari.

Come ricorderete l’art. 6 del “vecchio” codice stabiliva che “i dipendenti che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, ovvero per i  quali  sia  stato  emesso  il  decreto  di  rinvio  a  giudizio, per  i  delitti  contro  la  Pubblica Amministrazione  (capo  I  del  titolo  II  del  libro  secondo  del  codice  penale),  sono  tenuti  a renderne  comunicazione  all’apicale  della  propria  struttura  e  al responsabile   della prevenzione della corruzione”.

In altri termini, coloro che erano stati condannati – anche con sentenza non passata in giudicato – ovvero rinviati a giudizio per reati contro la Pubblica Amministrazione (ad es. peculato, concussione, corruzione per l’esercizio delle proprie funzioni, corruzione per un atto contrario ai doveri, induzione indebita a dare o promettere denaro o utilità, etc.,) dovevano darne comunicazione all’apicale della propria struttura e al responsabile della prevenzione della corruzione .

Pertanto il dipendente di Roma Capitale era obbligato a comunicare di essere sottoposto a procedimento penale solo nel caso in cui fosse stato condannato per qualsivoglia reato ovvero qualora fosse stato emesso nei suoi confronti decreto di rinvio il giudizio per delitti contro la Pubblica Amministrazione.

La nuova formulazione dell’art. 6, comma 1, invece, stabilisce che “i dipendenti sottoposti a procedimenti penali o misure di prevenzione per i delitti contro la Pubblica Amministrazione (..) e per altri reati connessi all’attività lavorativa, sono tenuti a renderne tempestiva comunicazione in forma scritta, non appena ne abbiano notizia e in qualunque fase del procedimento, al Direttore apicale della propria Struttura, il quale è tenuto a darne tempestiva comunicazione scritta all’RPC, al direttore del Dipartimento preposto alle Risorse Umane e all’Ufficio procedimenti disciplinari”.

Il che significa che oggi, in capo al dipendente di Roma Capitale, l’obbligo di comunicazione per iscritto al Direttore apicale della propria struttura scatta allorquando costui è sottoposto a procedimento penale o a misure di prevenzione[1], non solo, per reati contro la pubblica amministrazione, ma anche, per reati connessi all’attività lavorativa (ad es. reati di falso).

Tale obbligo di comunicazione sussiste non solo in caso di sentenza di condanna o di emissione del decreto di citazione diretta a giudizio o ancora del decreto di rinvio a giudizio, ma non appena il dipendente sappia di essere sottoposto a procedimento penale.

Dunque anche a seguito di elezione di domicilio.

Tanto dovevo

 

 

[1] Le misure di prevenzione sono misure special-preventive dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti considerati socialmente pericolosi.

Le misure di prevenzione si dividono in personali e patrimoniali.

Tra quelle personali vi sono le misure di prevenzione amministrative (applicate dal questore) ovverosia l’avviso orale, il foglio di via obbligatorio, il divieto di accesso ai luoghi interessati da manifestazioni sportive, l’ammonimento per atti persecutori e le misure ex art. 75-bis del TU stupefacenti e le quelle giurisdizionali che sono invece applicate dall’autorità giudiziaria (la sorveglianza speciale della p.s., la sorveglianza speciale della p.s. con divieto di soggiorno e la sorveglianza speciale della p.s. con obbligo di soggiorno). Sono misure di prevenzione patrimoniali invece il sequestro, la confisca, la cauzione e l’amministrazione giudiziaria dei beni.

 

Avv. Massimo Biffa

Roma, 8 gennaio 2017