TARGA DELL’AUTO COPERTA CON L’ADESIVO: QUALI CONSEGUENZE?

Una recente sentenza della sesta Sezione penale della Corte di Cassazione ha suscitato la mia attenzione per il sicuro interesse che riveste per tutti gli Operanti della Polizia Locale.

La vicenda sottoposta alla valutazione della Corte Suprema è estremamente semplice e riguarda un automobilista che aveva occultato con nastro adesivo una lettera della targa della vettura con la quale circolava, per renderla così non riconoscibile, ed aveva inoltre tentato di impedire, con violenza, che un operatore della Polizia Municipale effettuasse una foto della targa così modificata prima che lui riuscisse a togliere il nastro adesivo.

L’autore delle condotte, che chiameremo Mario Rossi, nel primo grado di giudizio era stato condannato per il reato di “Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri”, di cui all’art. 490 c.p. e per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Nel secondo grado di giudizio, la Corte di Appello di Bologna, confermata la qualificazione giuridica della alterazione della targa come violazione dell’art. 490 c.p., procedeva alla conferma anche della pena inflitta dal Primo Giudice, ritenendola congrua.

Focalizzando l’attenzione esclusivamente sul primo reato, nel ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte di Appello, la difesa di Mario Rossi lamentava:

1) la mancata risposta, da parte della Corte di Appello, alla avanzata richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131bis c.p.;

2) la violazione di legge perché la condotta realizzata sulla targa (copertura con nastro adesivo di una lettera della stessa) era stata ritenuta integrare il reato di cui all’art. 490 c.p. e non, come dedotto, quello di cui agli artt. 477 e 482 c.p. per la contraffazione/modificazione della targa;

3) il vizio di motivazione in ordine al diniego di sostituzione della pena detentiva.

In risposta alle doglianze della difesa, la Corte, innanzitutto, ha ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso relativo alla qualificazione giuridica del fatto realizzato affermando che: “La qualificazione giuridica del dato tipo di condotta è corretta” e quindi, riportando precedente giurisprudenza di legittimità, continua: “perchè <<Integra gli estremi del reato di cui all’art. 490 cod. pen., in relazione agli artt. 477 e 482 dello stesso codice, la condotta di distruzione, soppressione od occultamento delle targhe di un autoveicolo poiché queste costituiscono certificazioni amministrative, trattandosi di documenti che attestano la immatricolazione e l’iscrizione al pubblico registro automobilistico. (Fattispecie relativa all’occultamento della targa di una vettura mediante terriccio, in cui la S.C. ha escluso l’applicabilità della contravvenzione di cui all’art. 102 Cod. Strad., riservata alle ipotesi in cui l’occultamento della targa sia stato determinato da fattori occasionali). (Sez. 5, n. 11072 del 21/10/2014 – dep. 16/03/2015, Gentile, Rv. 26310101)>> (nello stesso si veda anche Sez. 5, n. 25766 del 07/04/2015 – dep. 18/06/2015, Zibra, Rv. 26400601)”.

La Cassazione ha invece ritenuto fondato il primo motivo di ricorso perché, in effetti, la difesa del Rossi aveva espressamente richiesto l’applicazione della disciplina della particolare tenuità del fatto ed invece, la Corte di Appello, aveva completamente omesso di dare risposta sul punto.

Per questo motivo, quindi, la Cassazione ha disposto il rinvio al giudice di Appello affinché proceda all’esame della richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

 

Avv. Massimo Biffa

Roma, 7 maggio 2018