Tenuità del fatto per chi guida in stato di ebbrezza anche con tasso alcolemico alto.

Sebbene il tema dell’applicabilità della causa di non punibilità della tenuità del fatto sia stato già trattato in un precedente parere (Cfr. Riflessioni sulla guida in stato di ebbrezza e nuova legge sulla “Non punibilità per tenuità del fatto”), ritengo opportuno tornare sull’argomento perché ho avuto modo di leggere due sentenze che, in apparente contrasto tra loro, chiariscono invece, una volta di più, i criteri cui il giudice deve attenersi per concedere o meno il beneficio di cui all’art. 131 bis c.p..

 

  1. Dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 28 del 16 marzo 2015, che ha inserito nel nostro codice penale l’art. 131bis (Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto), che al comma 1 prevede che nei reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, o con pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva “la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale“, si è discusso molto sulla possibilità di estendere tale causa di non punibilità anche alle ipotesi di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 CdS.

Come noto, alla fine, le Sezioni Unite della Cassazione, nel 2016, con le sentenze 25 febbraio 2016, N. 13681 e 25 febbraio 2016, N. 13682, hanno stabilito che “la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. (in quanto applicabile ad ogni reato che preveda una pena non superiore a cinque anni di reclusione e/o la sanzione pecuniaria) è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza. Non è infatti incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati” ed hanno puntualizzato il principio di diritto secondo cui occorre una valutazione complessiva delle modalità della condotta, della entità dell’offesa e della esiguità del danno e del pericolo.

Il legislatore ha infatti limitato il campo d’applicazione del nuovo istituto in relazione alla gravità del reato, desunta dalla pena edittale massima, e alla non abitualità del comportamento. In tale ambito, il fatto particolarmente tenue va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza.

Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede, infatti, una valutazione complessa che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p..

In quest’ottica, quindi, secondo la Cassazione, è possibile applicare la particolare tenuità del fatto anche a chi ha superato la terza, e più grave, soglia di punibilità, di cui all’art. 186 CdS, quella cioè con una rilevazione di alcol nel sangue superiore a 1,5% g/l.

Ciò che viene in considerazione, quindi, è la caratterizzazione storica del fatto nella sua interezza.

In forza di tali considerazioni, pertanto, il reato di guida in stato di ebbrezza può non essere punito se, nel corso di un giudizio, il giudice rileva la particolare tenuità del fatto. Si tratta di casi in cui, sulla base di quanto risulta dal processo, il giudice riscontra degli elementi che rendono la condotta non particolarmente grave.

Se sussistono determinati presupposti, dunque, il giudice può escludere la punibilità del reato di guida in stato di ebbrezza per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’articolo 131bis del codice penale.

L’aspetto che particolarmente rileva ai fini della sua applicazione è la non abitualità della condotta, mentre in caso contrario è esclusa.

Numerose sentenze della Corte di Cassazione, anche molto recenti, hanno contribuito ad arricchire la disciplina di tale istituto in applicazione al reato di guida in stato di ebbrezza. La questione pertanto è attuale e dibattuta.

 

  1. Prima di prendere in considerazione le recenti sentenze che desidero sottoporre alla Vostra attenzione, è sicuramente utile richiamare alla memoria il contenuto dell’art. 186 del CdS.

Come ben sapete, il codice della strada prevede un crescendo di sanzioni a seconda del livello del tasso alcolemico riscontrato al conducente.

In particolare, vengono previste tre diverse fasce di gravità:

  1. da 0,51 a 0,8 grammi di alcol per litro di sangue. Nel caso in cui venga riscontrato al conducente un tasso alcolemico di siffatta entità non sono previste sanzioni penali, ma solo sanzioni di carattere amministrativo.

L’art. 131 bis c.p., pertanto, non trova applicazione in queste ipotesi poiché la norma prevede l’archiviazione solo per i procedimenti di tipo penale e non per quelli a carattere amministrativo.

  1. tra 0,81 e 1,5 grammi di alcol per litro di sangue: In siffatte ipotesi è previsto l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda da 800 a 3.200 euro, e la sospensione della patente da sei mesi a un anno;
  2. per tassi superiori a 1,5 g/l è previsto l’arresto da sei mesi ad un anno, l’ammenda da 1.500 a 6mila euro e la sospensione della patente da uno a due anni, oltre alla confisca del veicolo.

 

III. Passando finalmente ad analizzare le due sentenze sul tema in argomento – che sono: la Cassazione penale, sezione IV, sentenza 29 marzo 2021, n. 11655 e Cassazione penale, sezione IV, sentenza 29 marzo 2021, n. 11699 – nelle stesse la Corte Suprema conferma che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza e, oltre a dover verificare la mancanza delle condizioni ostative alla concessione del beneficio – come l’abitualità della condotta – individua gli elementi sulla base dei quali valutare la sussistenza o meno della tenuità del fatto.

E proprio in base alla considerazione della caratterizzazione storica del fatto nella sua interezza, cui ho fatto dianzi riferimento, e sulla scorta delle precise indicazioni venute dalle Sezioni Unite e sopra dettagliatamente illustrate al punto I., la Corte, nelle due decisioni, è giunta a conclusioni diverse.

Nella prima decisione (n. 11655), nel ricorso per cassazione la difesa invocava l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., introdotta nel codice penale in epoca successiva alla sentenza di appello, avuto riguardo alla condizione di pressoché incensuratezza dell’imputato, gravato da un precedente di minima entità (spendita di banconota falsa), alla non abitualità della condotta e al positivo comportamento post delictum.

Dall’intervento della Polizia locale era emerso che nel sinistro in cui erano coinvolte più vetture, figurava anche quella condotta dall’imputato, il quale, giunto a una intersezione semaforica, tamponava l’auto che lo precedeva in coda, che a sua volta tamponava quella che la precedeva. Tutti i conducenti venivano quindi sottoposti all’alcool test e solo l’imputato risultava positivo sia nel primo che nel secondo controllo da cui emergevano i seguenti esiti: 1,67 g/l e 1,58 g/l., con valori quindi ricompresi nella fascia più alta dell’art. 186 CdS.

Nella seconda decisione, del medesimo giorno (n. 11699), il ricorso era proposto avverso la sentenza di una Corte di appello che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato l’imputato, sempre per il reato di guida in stato di ebbrezza alcoolica, con riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena. La difesa denunciava la circostanza che la Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare la decisione di primo grado e a sottolineare il livello elevato di alcolemia, ritenendolo ostativo al riconoscimento dell’invocata causa di non punibilità, in ciò non rispettando il principio di diritto, puntualizzato dalle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 25 febbraio 2016, n. 13681; Cass., sez. un., 25 febbraio 2016, n. 13682), secondo cui occorre una valutazione complessiva delle modalità della condotta, della entità dell’offesa e della esiguità del danno e del pericolo. Al contrario, nel caso di specie – nel quale l’imputato era stato trovato con un tasso alcolemico di 1,90 g/l alla prima prova e 1,97 g/l alla seconda prova – secondo la difesa andava valorizzata la circostanza che l’imputato non avesse arrecato danno a cose o a persone, non si fosse sottratto al controllo delle forze dell’ordine, non avesse precedenti analoghi e che dal casellario giudiziale non risultasse essere persona socialmente pericolosa – come, peraltro, riconosciuto dallo stesso pubblico ministero, che aveva chiesto al Tribunale applicarsi la causa di non punibilità, non sussistendo alcuna tra le cause di esclusione di cui all’art. 131-bis, comma 2, c.p..

Ebbene, come anticipato, con riferimento alle due vicende e relativi ricorsi la Cassazione ha raggiunto due conclusioni diverse, accogliendo il primo ricorso, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, e rigettando invece il secondo gravame.

Nella prima sentenza, la Cassazione richiama le decisioni delle Sezioni Unite sopra menzionate ed i criteri da esse indicati e, sulla scorta di queste considerazioni, valorizza, ai fini del riconoscimento della particolare tenuità del fatto, la circostanza che si fosse in presenza di un precedente di modesta entità e risalente nel tempo, nonché l’assenza di danni alle persone conseguenti alla condotta di guida dell’imputato, la prossimità del tasso alcolemico alla soglia di cui alla lett. b) dell’art. 186 cod. strada, la non abitualità della condotta – disponendo peraltro l’annullamento senza rinvio della decisione di condanna ritenendo la restituzione del giudizio nella sede di merito superflua, stante la non necessarietà di una valutazione sul fatto estranea al sindacato di legittimità.

Nella seconda decisione, invece, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato, posto che si è ritenuta corretta la scelta del giudice di merito di non ritenere applicabile l’art. 131 bis c.p. per la presenza di tre ragioni che, complessivamente valutate, sono ostative al riconoscimento dell’ipotesi di particolare tenuità del fatto, ossia:

1) l’elevato tasso alcoolico;

2) le modalità della condotta, in orario notturno, con fuoriuscita del mezzo dalla sede stradale;

3) la entità del pericolo provocato agli utenti della strada.

Tale ragionamento – non illogico né incongruo né illegittimo – è basato sull’esame complessivo della concreta situazione.

 

In definitiva, quindi, da quanto precede si trae la conclusione che in questi processi il punto nodale è rappresentato dalla dinamica del fatto ed è quindi un campo delicato nel quale, anche in presenza di tassi alcolemici molto elevati, la discrezionalità del giudice può fare la differenza tra una condanna ed un proscioglimento per tenuità del fatto.

 

Avv. Massimo Biffa

 

Roma, 27 settembre 2021