LA RIFORMA CARTABIA. Modifiche al codice penale.

LA RIFORMA CARTABIA E LE MODIFICHE AL CODICE  PENALE

(Intervento dell’Avv. Massimo Biffa al Corso di Formazione DIPPOL del 18 gennaio 2023 intitolato “La riforma Cartabia e le modifiche apportate al codice penale ed al codice di procedura penale inerenti alle notificazioni ed all’attività di polizia giudiziaria”).

 

L’argomento sul quale mi soffermerò in questo Corso di formazione attiene alle modifiche che la Riforma Cartabia ha apportato al nostro codice penale.

Prenderò quindi in considerazione, sia pur per brevi cenni, il tema delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi per affrontare quindi un altro tema rilevante della Riforma, che attiene all’ampliamento del novero dei reati procedibili a querela.

Il mio intervento si propone il duplice obiettivo di sottoporre alla vostra attenzione alcune indispensabili informazioni teoriche, per passare poi a soddisfare l’esigenza di fornirvi alcune indicazioni di tipo pratico.

Trasferire in questo scritto il contenuto della mia relazione mi consentirà di soffermarmi un pò di più su aspetti che, nella trattazione orale, ho preferito tralasciare.

 

  1. 1. Gli obiettivi della legge delega in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi.

L’art. 1, comma 17, della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, di riforma del processo penale modifica profondamente la disciplina della penalità sostanziale, processuale e penitenziaria preesistente.

La ratio ispiratrice della riforma dev’essere individuata nella considerazione, da tempo diffusa anche nel contesto internazionale, secondo cui una detenzione di breve durata comporta costi individuali e sociali maggiori rispetto ai possibili risultati attesi in termini di risocializzazione del condannato e di riduzione dei tassi di recidiva e nell’altrettanto radicata convinzione che, nei casi di pena detentiva di breve durata, la finalità, imposta dall’art. 27 Cost., di rieducazione e di risocializzazione del condannato può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene da eseguirsi nella comunità delle persone libere, in modo da escludere o ridurre l’effetto di desocializzazione della detenzione in istituti di pena, relegando questa al ruolo di extrema ratio.

L’azione del legislatore delegato ha inteso innanzitutto realizzare una radicale rivisitazione delle tipologie sanzionatorie, con connessa estensione dell’ambito applicativo della loro sostituibilità.

In quest’ottica, l’art. 1, comma 17, della legge n. 134 del 2021 delega il Governo ad abolire le sanzioni della semidetenzione e della libertà controllata, di cui alla legge n. 689 del 1981 e, contestualmente, a prevedere la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva, i lavori di pubblica utilità sostitutivi e la pena pecuniaria, che sono concepiti, sin dal nomen iuris, come “vere e proprie pene”.

La semilibertà e la detenzione domiciliare possono sostituire la reclusione o l’arresto di durata non eccedente i quattro anni, per come risultanti all’esito della commisurazione giudiziale; il lavoro di pubblica utilità può sostituire pene detentive di durata non eccedente i tre anni sempre “in concreto”, mentre il limite di pena detentiva “in concreto” sostituibile dalla pena pecuniaria sale ad un anno.

Sotto il profilo della non sovrapposizione delle nuove pene sostitutive con l’istituto della sospensione condizionale della pena, l’effetto è stato perseguito attraverso due specifici interventi.

Da un lato, imponendo al legislatore delegato di «prevedere che le disposizioni degli articoli 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si applichino alle sanzioni sostitutive»;

dall’altro, elevando il limite applicativo della sostituzione sino a quattro anni, in modo da delineare un ambito operativo autonomo per le pene sostitutive, non potendo – com’è noto – operare la sospensione condizionale “ordinaria” al di sopra del limite dei due anni di pena detentiva.

 

  1. 2. La disciplina delle nuove pene sostitutive.

L’art. 1 del d.lgs. n. 150 del 2022, in ossequio alla delega, introduce nel Libro I del codice penale l’art. 20-bis (“Pene sostitutive delle pene detentive brevi”), collocandolo nel Titolo II (“Delle pene”), al Capo I (“Delle specie di pene in generale”), dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie.

Scopo della nuova disposizione è quello di includere espressamente le pene sostitutive nel sistema delle pene delineato nella parte generale del codice, richiamandone la disciplina sì da creare un raccordo con l’articolata regolamentazione delle stesse pene sostitutive, che continua ad essere prevista dalle disposizioni della legge n. 689 del 1981, come riformulate dall’art. 71 del d.lgs. n. 150 del 2022.

La scelta di denominare le nuove pene aggiungendo l’aggettivo “sostitutive” nasce dall’esigenza di rendere immediatamente distinguibili le predette sanzioni sostitutive dagli istituti analoghi, ma aventi diversa natura giuridica e disciplina, costituiti dalle misure alternative alla detenzione della semilibertà, della detenzione domiciliare, del lavoro di pubblica utilità previsto come pena principale irrogabile dal giudice di pace o disposto nell’ambito della sospensione condizionale della pena o della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato.

Il nuovo art. 20 bis, c.p., “Pene sostitutive delle pene detentive brevi,” stabilisce:

Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto sono disciplinate dal Capo II – I della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti:

  • la semilibertà sostitutiva;
  • la detenzione domiciliare sostitutiva;
  • il lavoro di pubblica utilità sostitutivo;
  • la pena pecuniaria sostitutiva.

La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni.

Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni.

La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.”    

 

  1. L’estensione della procedibilità a querela.

Il legislatore della delega ha disposto, agli artt. 2 e 3 del d. lgs. 150/2022, l’ampliamento delle ipotesi di reati procedibili a querela ricompresi nel Libro II e III del codice penale, con particolare riferimento ad alcuni delitti contro la persona e contro il patrimonio, ma anche per due contravvenzioni poste a tutela di beni personali e non collettivi (art. 659 c.p., Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone e art. 660 c.p., Molestia o disturbo alle persone).

La riforma penale contenuta nel decreto legislativo 150/2022 – entrata in vigore il 30 dicembre, con i correttivi introdotti dal decreto legge 162/2022, come modificato nel passaggio parlamentare – conferma l’aumento dei reati procedibili a querela di parte, anziché d’ufficio ma, come meglio vedremo nel prosieguo, modifica la disciplina transitoria, limitando ai casi in cui l’indagato (o l’imputato) è in custodia cautelare l’obbligo per i magistrati e per le forze dell’ordine di avvisare le persone offese del diritto di querela. La misura cautelare perde infatti efficacia se non è presentata querela entro il 19 gennaio.

Come è facile comprendere, l’obiettivo perseguito dalla riforma Cartabia mediante l’ampliamento della sfera della procedibilità a querela è quello di ridurre i carichi giudiziari lasciando che sia la vittima a decidere se lo Stato debba perseguire, o meno, l’autore del reato.

L’esperienza infatti mostra come, per le più diverse ragioni, in non pochi casi, manchi l’effettivo interesse della persona offesa all’accertamento di fatti e responsabilità da parte dell’autorità giudiziaria ma, ciò nonostante, il regime di procedibilità d’ufficio previsto per reati che offendono interessi individuali, obblighi l’autorità giudiziaria a compiere dispendiose attività, che il sistema non è in grado di sostenere. Tanto meno oggi, a fronte degli obiettivi del P.N.R.R.- Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – (riduzione del 25% dei tempi medi del processo penale entro il 2026).

Inoltre, devo evidenziare – riservandomi di tornare semmai sull’argomento in un prossimo intervento – che nell’ambito della Riforma Cartabia l’estensione del regime di procedibilità a querela si inserisce in un disegno più ampio, volto non solo a ridurre il numero dei procedimenti, ma anche a valorizzare condotte riparatorie e ripristinatorie in vista di una ricomposizione del conflitto alternativa all’esito punitivo.

 

  1. 1. La disciplina transitoria – Limiti all’obbligo di avvisare le persone offese

Prendendo ora in considerazione più da vicino la disciplina transitoria, deve essere rilevato che le novità si applicano anche ai reati commessi prima del debutto della riforma, se non coperti da giudicato.

Il comma 1 dell’articolo 85 del decreto 150 (non modificato dal decreto legge 162) detta la norma transitoria “generale” secondo la quale: se la vittima era a conoscenza del fatto prima del 30 dicembre, il termine trimestrale per la presentazione della querela decorre da tale data.

Rispetto al testo originario del decreto 150 scompare però l’obbligo generalizzato per l’autorità giudiziaria di informativa alla persona offesa del diritto di sporgere querela.

La nuova disciplina transitoria circoscrive infatti l’obbligo di avviso del diritto di querela in capo a magistratura e forze dell’ordine ai soli casi di pendenza di misura cautelare.

Il nuovo comma 2 dell’articolo 85 prevede infatti che le misure personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro 20 giorni dall’entrata in vigore del decreto 150, l’autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela.

In buona sostanza, quindi, il magistrato deve informare le vittime della necessità di sporgere querela, solo se l’indagato è in custodia cautelare.

Le restrizioni della libertà infatti decadono se il danneggiato non provvede a sporgere querela entro il 19 gennaio.

A tal fine, la stessa autorità deve effettuare ogni utile attività di ricerca della vittima, anche avvalendosi della polizia giudiziaria.

 

II.2. I nuovi reati procedibili a querela

Come dianzi anticipato, la legge delega n. 134/2021 elencava, tra i principi e criteri direttivi per il legislatore delegato:

  • la previsione della procedibilità a querela per il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime previsto dall’art. 590-bis, co. 1, c.p.;
  • l’estensione del regime di procedibilità a querela a ulteriori reati contro la persona o contro il patrimonio, da individuarsi tra quelli puniti con pena non superiore nel minimo a due anni, salva la procedibilità d’ufficio per i casi nei quali la persona offesa sia incapace per età o per infermità.

Come visto, quindi, una delle più importanti linee di intervento della riforma del sistema penale, realizzata con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in attuazione della delega, è rappresentata da una significativa estensione del regime di procedibilità a querela, in rapporto a centrali figure di reato contro la persona e contro il patrimonio.

In un sistema improntato al principio della obbligatorietà dell’azione penale – di recente rimesso in discussione – afflitto dal carattere ipertrofico della legislazione penale e da un sempre più insostenibile numero di procedimenti penali, valorizzare la procedibilità a querela, riducendo in modo corrispondente l’area della procedibilità d’ufficio, rappresenta una ragionevole strategia politico criminale, del tutto funzionale, come già detto, nel contesto di una riforma volta a migliorare l’efficienza del processo penale, in linea con i ricordati obiettivi del P.N.R.R..

La trasformazione del regime di procedibilità del reato – da procedibile d’ufficio a procedibile a querela – conserva l’astratta rilevanza penale del fatto e opera invece in concreto: la permanenza o meno dell’illecito nella sfera del processo penale viene a dipendere, infatti, da una manifestazione di volontà della persona offesa, che si mostri tempestivamente ed effettivamente interessata all’accertamento di fatti e responsabilità da parte dell’autorità giudiziaria. Giova infatti ripetere che l’esperienza mostra come spesso, e per le ragioni più disparate, l’interesse all’accertamento dei fatti manchi e, nonostante ciò, il regime di procedibilità d’ufficio previsto per questo o quel reato, che offende interessi individuali, obblighi l’autorità giudiziaria a compiere dispendiose attività, che il sistema non è in grado di sostenere: men che meno oggi, a fronte degli obiettivi del P.N.R.R.

Se si ha a cuore l’effettività della giustizia penale nella persecuzione dei più gravi reati, con sano realismo bisogna rinunciare a qualcosa rispetto a quelli meno gravi.

Estendendo il regime di procedibilità a querela si realizza, infatti, un temperamento del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, senza metterlo in discussione nei suoi fondamenti costituzionali; un temperamento che è tradizionale, nel nostro ordinamento, e senz’altro ragionevole in relazione a reati che offendono interessi individuali, di natura privatistica.

Non solo: l’estensione del regime di procedibilità a querela si inserisce, nella riforma Cartabia, in un disegno più complesso, volto non solo a deflazionare il processo riducendo il numero dei procedimenti – in corrispondenza di quelli non avviati per mancata presentazione della querela – ma, come anticipato, anche a valorizzare condotte riparatorie e ripristinatorie in vista di una ricomposizione del conflitto alternativa all’esito punitivo.

Ebbene, estendere l’area della procedibilità a querela significa valorizzare le cause di estinzione del reato – come la remissione della querela e le condotte riparatorie ex art. 162 ter c.p. – che presuppongono il risarcimento del danno o comunque condotte riparatorie/ripristinatorie, oltre alle nuove condotte rilevanti nel quadro della vera e propria “giustizia riparativa” disciplinata per la prima volta, in modo organico, dalla riforma Cartabia.

Vengono così incentivate, rispetto a determinati reati di non particolare gravità e caratterizzati da conflittualità interpersonale, quali tipicamente sono quelli contro la persona e contro il patrimonio, forme alternative di definizione del procedimento penale vantaggiose per tutti: per gli indagati/imputati, che possono uscire anticipatamente dal processo penale giovandosi dell’estinzione del reato; per le persone offese e danneggiate, che possono trovare una concreta e tempestiva risposta alla domanda di giustizia attraverso il risarcimento del danno e le altre condotte riparatorie dell’offesa o ripristinatorie; per l’amministrazione della giustizia, che può definire anticipatamente un certo numero di procedimenti, dedicando le proprie limitate energie ad altri, per reati di maggiore gravità o che coinvolgono interessi superindividuali.

Ciò detto, aprendo una parentesi, non posso esimermi dal far rilevare, in questa sede come, proprio il giorno successivo a quello nel quale si è tenuto il Corso di Formazione nell’ambito del quale ho svolto la mia relazione sugli argomenti in questione, quindi il 19 gennaio 2023, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha approvato, con procedura d’urgenza, un disegno di legge volto a introdurre norme in materia di procedibilità d’ufficio e di arresto obbligatorio in flagranza.

Il testo del disegno di legge prevede la procedibilità d’ufficio per tutti i reati per i quali sia contestata l’aggravante del “metodo mafioso” o della finalità di terrorismo o eversione. Inoltre, la procedibilità d’ufficio è prevista anche per il reato di lesione personale, quando è posto in essere da persona sottoposta a una misura di prevenzione personale, fino ai tre anni successivi al termine della misura stessa.

Infine – affrontando un tema che è stato oggetto di varie domande da parte vostra durante il nostro Corso di Formazione – si stabilisce che l’arresto in flagranza previsto come obbligatorio debba essere eseguito anche in mancanza della querela, quando la persona offesa non è presente o prontamente rintracciabile. In tali casi, gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria dovranno effettuare tempestivamente ogni utile ricerca della persona offesa e, ove la querela non fosse presentata nel termine di quarantotto ore dall’arresto o la persona offesa dovesse decidere di rinunciarvi, l’arrestato sarà rimesso immediatamente in libertà.

Sottolineo che trattandosi di un disegno di legge, bisogna comunque attendere gli sviluppi dell’iter legislativo.

Tornando ora al tema inziale, rappresento che, in applicazione del criterio di delega di cui all’art. 1, co. 15 della l. 27 settembre 2021, n. 134, che ha recepito una delle proposte della Commissione Lattanzi, il d.lgs. n. 150/2022 estende il regime di procedibilità a querela ad alcuni delitti contro la persona e contro il patrimonio puniti con pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni (senza che si tenga conto, a tal fine, delle circostanze).

  1. Quanto ai delitti contro la persona, si tratta dei seguenti:
  2. lesioni personali stradali gravi o gravissime, limitatamente all’ipotesi non aggravatadi cui all’ 590-bis, co. 1 c.p. (viene così recepito il monito contenuto nella sentenza n. 248/2020 della Corte costituzionale, che aveva sollecitato il legislatore a rimeditare il regime di procedibilità d’ufficio previsto per tutte le ipotesi, di diverso disvalore, previste dall’art. 590-bis c.p.);
  3. lesioni personali dolose (art. 582 c.p.): la procedibilità a querela viene estesa alle lesioni lievi(malattia compresa tra 21 e 40 giorni). Risulta così in modo corrispondente ampliata la competenza del giudice di pace, che in base all’art. 4 d.lgs. n. 274/2000 interessa il delitto di cui all’art. 582 c.p. “limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma, perseguibili a querela di parte”.
  4. sequestro di persona semplice (non a scopo di estorsione) ex 605 c.p., limitatamente all’ipotesi prevista dal primo commache, essendo punita con la reclusione pari nel minimo a sei mesi, è riferibile anche a fatti di assai ridotto disvalore (come nel caso dei c.d. sequestri lampo);
  5. violenza privata (art. 610 c.p.), limitatamente all’ipotesi non aggravata prevista dal primo comma;
  6. minaccia (art. 612 c.p.):riformulando gli artt. 612 e 623-terp. sono stati ridotti i casi di procedibilità d’ufficio oggi previsti per il delitto di minaccia; diventa procedibile a querela la minaccia grave commessa da persona cui sia contestata la recidiva;
  7. violazione di domicilio (art. 614 c.p.):diventa procedibile a querela l’ipotesi in cui il fatto sia commesso con violenza sulle cose (ad es., forzando una serratura o rompendo il vetro di una finestra).
  8. Quanto, poi, aireati contro il patrimonio, si tratta dei seguenti delitti:
  9. furto (art. 624 c.p.):prima della Riforma Cartabia il furto era procedibile d’ufficio se il danno patrimoniale è di rilevante gravità e, inoltre, in tutte le ipotesi in cui ricorra una delle aggravanti di cui all’art. 625 c.p. Il numero delle aggravanti, e la facilità con le quali di fatto vengono contestate (es., mezzo fraudolento, destrezza, esposizione alla pubblica fede, ecc.), faceva sì che, in un rilevante numero di casi, il delitto fosse procedibile d’ufficio, anche quando ha ad oggetto fatti bagatellari (ad es., il furto in supermercato per bisogno, di beni del valore di pochi euro) che la persona offesa non ha interesse a che siano perseguiti. Il d.lgs. n. 150/2022 rende ora procedibile a querela il furto aggravato dalla particolare gravità del danno (art. 61, n. 7 c.p.) – che ben può e potrà essere risarcito, con remissione della querela ed estinzione del reato – e tutte le ipotesi di furto aggravato ex 625 c.p.salvo quelle, aventi una dimensione pubblicistica, previste dal n. 7 (con l’importante eccezione dell’esposizione alla pubblica fede) e dal n. 7 bis (furto di componenti metalliche o altro materiale, come ad es. il rame, sottratto a infrastrutture destinate a erogazione di energia, servizi di trasporto, telecomunicazioni o altri servizi pubblici). La generale previsione del regime di procedibilità a querela del furto rappresenta una storica svolta, rispetto all’originaria impostazione del codice Rocco, che completa con coraggio un percorso avviato, più timidamente, da precedenti riforme. Di conseguenza, il legislatore ha opportunamente modificato la sola rubrica dell’art. 626 da “furti punibili a querela dell’offeso” (si tratta, ora, della normalità dei casi) a “furti minori” (espressione mutuata dalla dottrina);
  10. turbativa violenta del possesso di cose mobili (art. 634 c.p.);
  11. danneggiamento (art635 c.p.): viene reso procedibile a querela il danneggiamento nella sola ipotesi prevista dal primo comma (fatto commesso con violenza o minaccia)La procedibilità d’ufficio è mantenuta nel caso in cui il fatto sia commesso in occasione del delitto di interruzione di un pubblico servizio ex art. 331 c.p.. Per un difetto di coordinamento, resta procedibile d’ufficio il danneggiamento delle cose esposte alla pubblica fede (come le automobili, i motorini o le biciclette), mentre, come si è detto, il più grave reato di furto (ad es., dell’auto, del motorino, ecc.), sulle stesse cose, diventa procedibile a querela. Questo esito, di dubbia ragionevolezza, potrà essere emendato dal legislatore, in sede di decreto correttivo della riforma, sempre che una questione di legittimità costituzionale fondata sull’art. 3 Cost. non venga presentata e accolta prima dalla Corte costituzionale ;
  12. truffa, frode informatica e appropriazione indebita (artt. 640, 640 tere 649-bisp.): diventano procedibili a querela le ipotesi, ora procedibili d’ufficio, in cui ricorrano l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 61 n. 7 c.p.) ovvero la recidiva, nei casi in cui integra un’aggravante ad effetto speciale.
  13. Valorizzando la lettera della legge delega, che individua l’area di intervento del legislatore delegato facendo riferimento a “reati” – e non già a “delitti” –contro la persona o contro il patrimonio”, il d.lgs. n. 150/2020 compie un’altra scelta innovativa rendendo procedibili a querela, per la prima volta, due contravvenzionipreviste nel Libro III del codice penale che, in effetti, configurano a ben vedere reati contro la persona, nella misura in cui l’offesa (spesso, per fatti bagatellari) è diretta a persone determinate:
  14. a) il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (art. 659 c.p.), limitatamente all’ipotesi, prevista dal primo comma, in cui il fatto sia commesso nei confronti delle “persone”(non anche di spettacoli, trattenimenti o ritrovi pubblici);
  15. b) la molestia o disturbo alle persone (art. 660 c.p.).

 

III. Criteri per la individuazione dei casi in cui è fatta salva la procedibilità d’ufficio dei reati in relazione ai quali la Riforma Cartabia ha esteso la procedibilità a querela.

A questo punto ritengo di particolare rilievo ribadire, sia in rapporto ai sopra menzionati delitti, quanto alle anzidette contravvenzioni, che la procedibilità d’ufficio è sempre fatta salva, in attuazione della legge delega, “quando la persona offesa sia incapace per età o per infermità.

Intento del legislatore è infatti quello di conservare la procedibilità d’ufficio quando la persona offesa non è in grado di manifestare la propria volontà di procedere penalmente in ragione di una condizione di incapacità per ragioni di età (giovane o avanzata) o di infermità (cioè di una condizione patologica, non necessariamente integrante una incapacità di intendere e di volere).

La ratio della disposizione richiede, in ogni caso, una vera e propria condizione di incapacità di querelare, associata all’età o all’infermità che, in concreto e a tutela della persona offesa, renda opportuno che lo Stato proceda comunque.

A fronte di ciò, mi rendo conto di come non sia sempre agevole, in sede operativa, stabilire se vi troviate dinanzi ad una persona offesa incapace di manifestare la propria volontà che si proceda nei confronti dell’autore del fatto di cui è rimasta vittima.

Desidero perciò ragionare con Voi per individuare e fornirvi dei criteri di tipo pratico per risolvere i possibili dubbi.

A tal fine, potrà essere d’ausilio interpretativo la nozione di “incapacità” declinata con riferimento al delitto di Circonvenzione  di persone incapaci di cui all’art. 643 cod. pen., ai fini del quale la giurisprudenza richiede che la situazione di deficienza psichica della persona offesa debba sussistere in termini obiettivi, in maniera che chiunque (senza dover ricorrere ad artifizi o raggiri) possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti (così, da ultimo, Sez. 2, n. 4592 del 15/12/2021, dep. 2022, D., Rv. 282587-01, per la quale non è necessario che tutti siano consapevoli ictu oculi di tale stato deficitario, essendo sufficiente che sia apprezzabile da parte di quella cerchia di persone che instaurano con la persona offesa una relazione significativa ed abbiano la possibilità di apprezzarne la debolezza cognitiva o affettiva).

Analogamente, il riferimento all’«età», quale possibile causa (alternativa all’infermità) di incapacità senile della vittima, è ampiamente enucleato dalla giurisprudenza di legittimità ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5, cod. pen., come novellata dalla legge n. 94 del 2009 (Cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 4273 del 10/12/2021, dep. 2022, Leva, Rv. 282741-01, secondo cui la commissione del reato in danno di persona ottuagenaria è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, l’aggravante della minorata difesa, purché venga accertato che la pubblica o privata difesa siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano altre circostanze, di diversa natura, di segno contrario; nel senso dell’obbligo del giudice di valutare specificamente l’incidenza dell’età senile rispetto al fatto-reato, v. Sez. 2, n. 47186 del 22/10/2019, P.M. c. Bona, Rv. 277780-01, secondo cui l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio; conf. Sez. 2, n. 8998 del 18/11/2014, dep. 2015, Genovese, Rv. 262564-01; Sez. 5, n. 38347 del 13/07/2011, Cacò, Rv. 250948-01; Sez. 2, n. 35997 del 23/09/2010, P.M. in proc. Licciardello e altri, Rv. 248163-01461. Esiste però anche giurisprudenza difforme secondo la quale l’agevolazione all’agire illecito derivante dall’età avanzata della persona offesa è in re ipsa, senza che gravi in capo al giudice di merito uno specifico e ulteriore onere motivazionale rispetto al riscontro obiettivo dell’età della persona offesa (Cfr.. Sez. 5, n. 12796 del 21/02/2019, De Paola, Rv. 275305-01).

Con riferimento alla condizione di incapacità riferita all’età giovanile, ritengo che il criterio da seguire per stabilire se un soggetto minore di anni 18, persona offesa, sia capace o meno di sporgere una querela, sia quello di fare riferimento alla disciplina che il codice penale detta nell’art. 153 c.p. con riferimento all’esercizio del diritto di remissione della querela e alla relativa incapacità. Pertanto, atteso che tale norma, rubricata “Esercizio del diritto di remissione. Incapacità” stabilisce che:

“Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione di infermità di mente il diritto di remissione è esercitato dal loro legale rappresentante.

I minori che hanno compiuto gli anni quattordici, e gli inabilitati possono esercitare il diritto di remissione, anche quando la querela è stata proposta dal rappresentante, ma in ogni caso, la remissione non ha effetto senza l’approvazione di questo.

Il rappresentante può rimettere la querela proposta da lui o dal rappresentato, ma la remissione non ha effetto, se questi manifesta volontà contraria”, ritengo si possa fondatamente affermare che la persona offesa minore di 14 anni debba essere considerata incapace di sporgere querela, con conseguente procedibilità d’ufficio del reato commesso ai suoi danni.   

Con riferimento alla persona offesa minore, in età compresa tra i 14 ed i 18 anni, facendo riferimento al comma 2 dell’art. 153 c.p., si può ritenere che questa sia in condizione di manifestare la propria volontà di procedere penalmente, con conseguente conferma della procedibilità a querela del reato commesso ai suoi danni che, ovviamente, ricada tra quelli ai quali la Riforma Cartabia ha esteso tale tipo di procedibilità.

In definitiva, tornando per un  attimo a prendere in considerazione la incapacità che potrebbe derivare dall’età avanzata, si può osservare che un’età avanzata, non associata a condizioni di incapacità, non rende certamente procedibile d’ufficio il reato; così come una condizione di infermità che non incida in concreto sulla capacità di presentare una querela, come potrebbe essere una infermità di tipo esclusivamente fisico e non psicologico.

Ora, anche in questo caso, comprendo bene che potrebbe essere problematico, non facile, in sede operativa, compiere una valutazione di questo tipo e intendo perciò riflettere con Voi per individuare criteri e parametri che possano agevolare il vostro compito.

In questa ottica, quindi, oltre a dover sempre tenere presente quanto disposto dall’art. 90 quater c.p.p., rubricato “Condizione di particolare vulnerabilità” ai sensi del quale:

Agli effetti delle disposizioni del presente codice, la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato”, sarà comunque necessario accentuare ed affinare la Vostra sensibilità personale per capire bene che tipo di persona offesa avete di fronte e se la stessa sia in condizione di manifestare la propria volontà di procedere penalmente nei confronti dell’autore della condotta di cui è stata vittima.

A titolo esemplificativo, quindi, sviluppando anche i temi inseriti nell’art. 90 quater c.p.p., quale criterio di valutazione, sarà necessario porre in relazione l’incapacità con la norma incriminatrice violata, per valutare la comprensibilità, da parte dell’offeso, del reato subito.

Voi operatori, in pratica, dovrete considerare il fatto di reato commesso e valutare se la persona offesa che vi trovate di fronte sia in condizione di comprendere di essere stata vittima di quel reato.

Altro criterio di tipo pratico che posso suggerirvi per poter stabilire se la persona offesa sia capace o meno è quello di valutare i suoi comportamenti mentre si rapporta con Voi: è ovvio infatti che nel caso in cui potrete constatare comportamenti che dimostrino che il soggetto non è perfettamente lucido e consapevole (compos sui), potrete certamente concludere per la sua incapacità, con conseguente procedibilità d’ufficio del fatto di reato di cui è rimasto vittima.

A fronte di comportamenti dubbi, “strani” del soggetto, sarà sicuramente utile porgli domande semplici sulla quotidianità; sulle sue generalità; sulla sua attività lavorativa; sulla sua famiglia; sulla data: giorno, mese, anno.

Mi rendo conto che può sempre residuare un margine di errore, ma mi sembra che possano essere questi i criteri da cui farsi guidare.

Infine, per concludere il discorso, ritengo sicuramente utile consigliarvi di descrivere sempre, nel verbale che siete tenuti a redigere, le ragioni che vi hanno indotto a ritenere che un determinato reato fosse procedibile d’ufficio o a querela.

Questo accorgimento dovrebbe mettervi al riparo da problemi e contestazioni che potrebbero sorgere in seguito.

 

Avv. Massimo Biffa

 

Roma, 4 marzo 2023