Prime note sulla L. 22 gennaio 2024, n. 6 recante “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale”.

Prime note sulla L. 22 gennaio 2024, n. 6 recante “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale”.

 

Cari Soci,

è prevista per l’8 febbraio 2024 l’entrata in vigore della legge 22 gennaio 2024, n. 6, recante “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale”[1].

Trattasi della risposta, in chiave sanzionatoria, ai fatti di vandalismo ai danni di beni culturali, verificatisi sempre più frequentemente negli ultimi mesi.

La novella prevede anzitutto un nuovo illecito amministrativo (art. 1 co. 1 ss.), costituente la identica duplicazione della fattispecie incriminatrice già delineata dall’art. 518duodecies c.p., il quale punisce la “distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali e paesaggistici”.

La disposizione penale appena citata prevede, secondo il caso, la reclusione da due a cinque anni e la multa da € 2.500,00 ad € 15.000,00; oppure la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da € 1.500,00 ad € 10.000,00. La fattispecie amministrativa di nuovo conio commina invece la sanziona amministrativa pecuniaria, secondo il caso, da € 20.000 ad € 60.000 o da € 10.000,00 ad € 40.000,00.

I due illeciti – amministrativo e penale – sono destinati a convivere, come espressamente stabilito dall’incipit dell’art. 1 co. 1 cit.: «Ferme restando le sanzioni penali applicabili».

Tuttavia, allo scopo di assicurare il rispetto del principio del ne bis in idem, per come interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenze Engel c. Paesi Bassi, Grande Stevens c. Italia, A. e B. c. Norvegia) e seguendo le indicazioni conseguentemente fornite dalla nostra Corte Costituzionale con la recente pronuncia n. 149 del 2022, le sanzioni -amministrativa e penale- di cui trattasi, pur concorrendo, dovranno essere “coordinate” secondo il meccanismo previsto dal comma 7 del già citato art. 1: l’Autorità (amministrativa o penale) che applica la sanzione di propria competenza tiene conto di quella eventualmente già irrogata dall’altra Autorità; e, comunque, l’esazione della sanzione pecuniaria è limitata alla sola parte eccedente quella già riscossa.

Se non che, non esistono meccanismi di reciproca informazione tra Autorità amministrativa e Autorità giudiziaria penale cosicché, nella materia che ci occupa, l’Autorità che irroga una sanzione non è necessariamente al corrente se l’ “altra” Autorità competente abbia già accertato e punito lo stesso illecito, così da “tenerne conto” ai fini delle proprie determinazioni. Sarà allora interesse del trasgressore / reo far pervenire la correlativa informazione (e documentazione) prima della conclusione del procedimento sanzionatorio, al fine di mitigarne le eventuali conseguenze punitive.

Particolare attenzione dovrà essere prestata dagli organi accertatori dell’illecito nell’individuazione dell’oggetto materiale della condotta sanzionata, come si è detto, “doppiamente”: i beni culturali e paesaggistici, non importa se propri o altrui.

La definizione dei suddetti beni è contenuta nel d.lgs. n. 42 del 2004, recante il “Codice dei beni culturali e ambientali”.

Il predetto codice, all’art. 2, disciplina il patrimonio culturale nelle due categorie dei “beni culturali” e dei “beni paesaggistici”.

I primi sono costituiti dalle cose (immobili e mobili) aventi interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. La categoria è poi meglio precisata nei successivi artt. 10 ed 11, che forniscono un elenco assai articolato, a sua volta ricco di ulteriori richiami.

Esemplificativamente, possiamo qui ricordare, tra i molti: le raccolte di beni presenti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi, gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici, le raccolte librarie delle biblioteche pubbliche, gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli e gli altri elementi decorativi degli edifici, gli studi d’artista, le opere di pittura, di scultura, di grafica, le opere dell’architettura contemporanea di particolare valore artistico, le fotografie, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni.

I beni paesaggistici sono invece costituiti dagli immobili e dalle aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, come meglio indicati all’articolo 134 del Codice, che a sua volta rinvia agli artt. 136 e 142.

Esemplificativamente: le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali,  le ville, i giardini e i parchi non altrimenti protetti, che si distinguono per la loro non comune bellezza; i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale inclusi i centri ed i nuclei storici, le bellezze panoramiche, punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze; i territori costieri ovvero i laghi, i fiumi, i torrenti, le relative sponde …

Vista anche la particolare estensione ed articolazione delle cose oggetto di tutela, tra i fatti da sanzionare non rientreranno soltanto quelli assurti all’onore dalla cronaca, che hanno costituito l’occasio legis, quali il getto di sostanze imbrattanti su monumenti o su vetri protettivi di quadri.

Saranno altresì punibili, in via penale ed amministrativa, anche, per es., i fidanzatini che incidano le loro iniziali su una quercia secolare o il clochard che, bivaccando, insozzi un’area archeologica[2].

Potranno poi porsi delicati problemi di coordinamento con le altre sanzioni amministrative già previste dal cit. D.lgs n. 42 del 2004, oltre che da varie ed eventuali altre fonti[3]; problemi da risolvere sulla base del principio di specialità previsto dall’art. 9 l. n. 689 del 1981, fermo però restando il concorso, come già detto, con “le sanzioni penali”, secondo quanto previsto dalla novella legislativa in argomento, che deroga al citato principio di specialità.

La repressione in via amministrativa dell’illecita condotta ricadente sui predetti beni segue il percorso procedurale previsto dalla l. n. 689 del 1981, espressamente richiamata, con alcun deroghe apportate dalla novella in commento.

Tra queste, si segnalano l’estensione a centoventi giorni del termine entro il quale deve essere notificato al trasgressore il “verbale contenente l’accertamento e la contestazione delle violazioni” (art. 1 co. 3).

La contestazione immediata dell’illecito è dunque puramente facoltativa[4].

Il pagamento della sanzione in misura ridotta è poi ridotto a trenta giorni.

Si è previsto che non vi siano ammessi coloro i quali abbiano già beneficiato, nei cinque anni precedenti, di tale misura di favore.

Tuttavia, non sarà semplice identificare costoro, in assenza di un registro recante i nominativi delle persone sanzionate in via amministrativa e, tanto meno, di quelle che abbiano pagato in misura ridotta la sanzione irrogata.

Dopo aver previsto il nuovo illecito amministrativo ed averne dettato alcuni tratti procedurali, dei quali si è discusso sopra, il provvedimento normativo in discorso ha altresì introdotto alcune modifiche al sistema penale.

In particolare, al reato di danneggiamento è stata aggiunta la sanzione della multa fino ad € 10.000,00 (prima tale fattispecie era punita con la “sola” reclusione).

Nel delitto di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, è stato triplicato il massimo edittale della multa (non più fino ad € 103,00, ma fino ad € 309,00) e sono state previste due nuove aggravanti: l’aver commesso il fatto su teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico (nel qual caso si applica la reclusione da un mese a sei mesi e la multa da € 300,00 ad € 1.000,00); nonché, l’aver commesso il fatto in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico: per tale fattispecie, le pene previste dai precedenti commi sono raddoppiate.

 

Avv. Massimo Biffa

 

 

[1] Sul tema, cfr. lavori preparatori e in particolare, il dossier n. 17/1 – maggio 2023, a cura di Carmen Andreuccioli reperibile in https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/19/DOSSIER/0/1376460/index.html?part=dossier_dossier1-sezione_sezione1; G. Napolitano, Le nuove sanzioni amministrative previste dall’articolo 1 della Legge 22 gennaio 2024 n.6. gli organi di polizia chiamati alla gestione di sfidante complessità giuridica, in Guida normativa per la polizia locale, 1 febbraio 2024.

[2] G. Napolitano, op. cit.

[3] G. Napolitano, op. cit.

[4] G. Napolitano, op. cit.