
RICCIONE 2022: la relazione del nostro Avvocato dal titolo “E’ PENALMENTE RILEVANTE LA OMESSA CONTRAVVENZIONE AL CODICE DELLA STRADA?”
E’ PENALMENTE RILEVANTE LA OMESSA CONTRAVVENZIONE AL CODICE DELLA STRADA?
- La presente relazione trova spunto da una vicenda giudiziaria sottoposta al vaglio del Tribunale di Roma.
I nostri assistiti erano stati rinviati a giudizio per rispondere del delitto di omissione o rifiuto di atti d’ufficio, di cui all’art. 328 c.p. perché, in qualità di Funzionari di Polizia Locale e di Istruttori di Polizia Locale, tutti in servizio presso il V Gruppo Prenestino di Roma Capitale, giunti, in data 06.04.2016, in Via Macerata, Roma (Zona Pigneto), a seguito di segnalazione effettuata sul Portale “Io Segnalo”, omettevano di adempiere agli obblighi previsti dal Codice della Strada e, in particolare, a fronte della presenza di un gran numero di autovetture in sosta irregolare e/o divieto di sosta, non provvedevano ad applicare alcuna sanzione amministrativa per la sosta irregolare riscontrata su strada, ove il divieto era segnalato.
La vicenda era del tutto peculiare.
La richiesta di intervento, presupposto della contestata fattispecie omissiva, proveniva tramite tale applicativo Io Segnalo.
Trattasi di un sistema, così per come ricostruito nel corso dell’istruttoria dibattimentale, attraverso il quale Roma Capitale ha inteso instaurare un collegamento diretto tra il cittadino e la Polizia Locale, in ciò rendendo maggiormente efficacie la c.d. polizia di prossimità e render “viva” la voce dei cittadini, consentendo loro di denunciare, segnalando appunto, abusi ed irregolarità.
Lo strumento è ritenuto importante al punto che, circolari interne, prevedono interventi tempestivi a fronte di segnalazioni.
L’intervento della singola autoradio, viene disposto dalla centrale operativa la quale – letta la segnalazione tramite apposito portale – comunica l’indirizzo, comprensivo di Via e numero civico – ove è pervenuta segnalazione, indicando anche l’intervento richiesto.
Ed infatti, dette segnalazioni, così come evincibile consultando le schermate versate agli atti, indicano, oltre all’utente denunciante, identificato con nome e cognome, non solo l’oggetto della segnalazione, ma altresì lo specifico indirizzo rispetto al quale si richiede l’intervento degli Agenti di Polizia Locale.
La peculiarità, concerneva poi l’oggetto della contestata omissione: la mancata elevazione di una contravvenzione stradale.
Per analizzare la vicenda è anzitutto bene muovere dai presupposti dell’art. 328 c.p.
L’art. 328 c.p. consta di due commi: al comma 1 è prevista la figura del rifiuto di atti urgenti, che viene descritta come il fatto del pubblico ufficiale, o dell’incaricato di un pubblico servizio, «che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo». L’art. 328, comma 2, incrimina invece un’ipotesi residuale di rifiuto di atti di ufficio (cosiddetto delitto di messa in mora), descrivendone in particolare la condotta illecita come quella del pubblico ufficiale, o incaricato di un pubblico servizio, che, «fuori dei casi previsti dal 1° co., entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo». l’art. 328 c.p. rende giuridicamente rilevante non già ogni omissione (o rifiuto di compimento) di atti d’ufficio, ma solo quegli atti che siano preordinati alla tutela di specifici e tassativizzati interessi.
La condotta vietata dall’art. 328, comma 1 consiste nel fatto del pubblico ufficiale che rifiuti indebitamente «un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo».
Tra i presupposti della condotta di rifiuto vi è dunque una previa richiesta dell’atto nei confronti del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.
Ai sensi dell’art. 328 c.p., non occorre che la richiesta assuma una forma particolare: è sufficiente che essa venga effettivamente formulata, anche oralmente, ed in maniera chiara, o quantomeno chiaramente intelligibile. Nemmeno occorre che si tratti della richiesta di un atto specifico: non si può dire, cioè, che il pubblico ufficiale non abbia il dovere penalmente sanzionato di attivarsi nel caso in cui la richiesta a lui rivolta non verta su un atto individuato nei suoi particolari.
Quel che occorre è semplicemente che gli sia richiesto di intervenire in relazione ad una situazione effettivamente esistente, e rientrante in qualcuna delle ragioni specificamente indicate nel testo della disposizione. Spetta a lui, invece, individuare sulla base delle proprie competenze quale sia l’atto reso urgente e necessario da ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ecc.
Queste considerazioni spiegano anche perché non occorra che la richiesta provenga da un soggetto particolarmente legittimato, o formalmente interessato al compimento dell’atto: il presupposto della condotta di rifiuto può dirsi integrato, chiunque sia il soggetto che formuli, implicitamente o esplicitamente, la richiesta al pubblico ufficiale.
Se un privato, facendo presente qualcuna delle ragioni di cui all’art. 328, 1 co., richiede ad un pubblico agente il compimento di un atto specifico, il pubblico ufficiale richiesto non potrà sfuggire alla propria responsabilità penale limitandosi a rilevare che l’atto specificamente richiesto non era in realtà un atto dovuto in quanto proveniente da una fonte non legittimata alla richiesta.
- Calando simili elementi di diritto rispetto alla vicenda in fatto dalla quale si è mossi.
La richiesta di intervento tramite “Io Segnalo” è da considerarsi, in astratto, una “richiesta al compimento di un atto” nei confronti del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio.
Non ci si poteva, dunque, liberare dalla contestazione mossa evidenziando: a) né che Io Segnalo è uno strumento “meramente comunicativo” di irregolarità rilevanti ai sensi del codice della strada; b) né che io Segnalo forniva, e fornisce tutt’ora, richieste di interventi non specifici e dettagliati.
La risposta alla vicenda, invero, riposava altrove.
Per arrivarci, occorre ancora analizzare la struttura della fattispecie.
- Oggetto della condotta di rifiuto deve essere un atto dell’ufficio.
Il concetto, innanzitutto, è da intendersi come comprensivo sia dei veri e propri atti d’ufficio, quando soggetto attivo sia un pubblico ufficiale, sia degli atti di servizio, quando soggetto attivo sia invece l’incaricato di un pubblico servizio: ciò costituisce l’ovvia conseguenza del fatto che, nonostante la soppressione del riferimento (contenuto nel vecchio testo dell’art. 328) all’atto del servizio, i delitti in questione possono essere commessi anche dagli incaricati di un pubblico servizio.
La fattispecie, inoltre, ruota intorno all’omissione, da parte del pubblico ufficiale (o dell’incaricato di un pubblico servizio), di un atto del “suo” ufficio.
In tal modo, essa sembra riferirsi all’esigenza che il compimento dell’atto richiesto rientri nella competenza del soggetto.
Tale requisito della competenza del pubblico ufficiale rispetto al compimento di un atto d’ufficio va inteso in maniera non rigidamente formalistica, o legalistica. Non sembrano esserci ragioni, ad es., per escludere che possa definirsi «del “suo” ufficio» l’atto che rientri bensì tra le competenze del pubblico ufficiale, ma in forza di una semplice prassi o di consuetudini invalse nella P.A.,
- Come si è già avuto modo di dire, ai sensi dell’art. 328, 1° co. assume rilievo esclusivamente il rifiuto di compiere quegli attiche siano obiettivamente funzionali al (e che anzi, siano imposti per il) soddisfacimento di qualcuna delle esigenze che vi sono tassativamente indicate.
Ma non basta: perché la condotta omissiva del pubblico ufficiale rilevi come rifiuto di atti urgenti occorre altresì che il soddisfacimento di qualcuna di quelle esigenze gli imponga di agire senza ritardo. Mancando uno di questi due elementi (urgenza e doverosità dell’atto imposte da ragioni specifiche), il rifiuto di attivarsi da parte del pubblico ufficiale non potrà sussumersi nella fattispecie prevista dall’art. 328 c.p.
Più in particolare, la condotta di indebito rifiuto di cui al 1° co. deve avere ad oggetto un atto il cui urgente compimento sia imposto da ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità.
Questa tassativa elencazione si presta ad un duplice ordine di considerazioni. Essa mira a determinare, con maggiore precisione rispetto a quanto accadesse nella vecchia formulazione della disposizione, la portata offensiva del fatto; essa è dunque pensata in vista di una più adeguata selezione delle condotte punibili, in considerazione della loro capacità di incidere, non già genericamente sull’attività della P.A., ma sull’attività della P.A. in quanto funzionale alla realizzazione di certe esigenze (ritenute) meritevoli di particolare attenzione.
In via approssimativa, comunque, si può dire che: ragioni di giustizia sono tutte quelle che hanno a che fare con l’emanazione o con l’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali, o comunque con lo svolgimento di attività giudiziarie; le ragioni di sicurezza pubblica (che talora vengono qualificate come “ragioni di polizia”) non sembrano facilmente distinguibili dalle ragioni di ordine pubblico, e con queste sembrano confluire in un generico riferimento ad esigenze di cosiddetta tranquillità pubblica e pace sociale; tra le ragioni di igiene e sanità, infine, vengono fatte rientrare quelle ispirate alla salvaguardia delle condizioni della pubblica salute e alla prevenzione di malattie di ogni genere, per l’uomo, gli animali, le piante.
- Muovendo da ciò, ci si domandava: può la mancata elevazione di un verbale di contravvenzione esser considerato alla stregua di un “atto d’ufficio” suscettibile di far scattare l’operatività dell’art. 328 c.p.?
Un vecchio orientamento giurisprudenziale forniva risposta positiva al quesito.
Si tratta di C. Cass., Sez. VI pen., n. 35927 del 2007, secondo la quale:«Integra il delitto di rifiuto di atto d’ufficio la condotta del vigile urbano che omette deliberatamente di dichiarare in contravvenzione i conducenti di veicoli in sosta vietata, […] considerato che la citata norma sanziona il rifiuto, non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo e, quindi, con tempestività, in diretta connessione con il conseguimento degli effetti che gli sono propri».
Tale orientamento giurisprudenziale è stato proprio avallato dalla decisione del Tribunale di Primo Grado che, pur avendo riscontrato la contestata omissione, e la rilevanza giuridica della stessa, ha comunque ritenuto non punibili gli imputati “per non aver commesso il fatto”.
In appello, l’esito è stato radicalmente ribaltato.
Ed infatti, a fronte di quel “datato”, nonché unico, orientamento giurisprudenziale, la giurisprudenza più recente esclude la possibilità di ricondurre le contravvenzioni entro la nozione di “atto d’ufficio” che, senza ritardo, deve essere compiuto “per ragioni di giustizia” o di ordine pubblico.
In particolare: «Tra gli atti che debbano essere compiuti senza ritardo, cui si riferisce l’art. 328, comma 1, c.p., per attribuire rilievo penale al loro indebito rifiuto, non possono farsi rientrare i provvedimenti di carattere amministrativo demandati al sindaco in materia di contravvenzioni stradali» (Cass., sez. VI, 25/01/2010, n.14599).
Perentoria è Cass., Sez. VI pen., 27.09.2012, n. 42501: «gli atti rifiutati (l’elevazione di contravvenzioni…) non rientrano nelle suddette categorie (atti di ufficio dovuti a ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità) e non risultano in concreto indilazionabili»
Più di recente, si è parimenti evidenziato come «L’elevazione di contravvenzioni al codice della strada ed atti connessi non rientrano affatto nelle categorie tassativamente individuate dal modello normativo della fattispecie incriminatrice in esame, ovvero atti di ufficio dovuti per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità» (Cass., sez. VI, 14/05/2015, n.32594).
Avv. Massimo Biffa
Roma – Riccione 15 settembre 2022