VEICOLO FUORI USO – Natura di rifiuto. Condizioni. Cessazione della qualifica di rifiuto.

I. Una recente pronuncia di legittimità, avente come oggetto la Spedizione illegale transfrontaliera di rifiuti e parti di autoveicoli recuperate, che reputo interessante, mi ha fornito lo spunto per affrontare con Voi il tema delle condizioni che determinano la qualifica di rifiuto dei veicoli fuori uso.

L’argomento dei rifiuti e dello smaltimento dei veicoli fuori uso presenta una certa difficoltà, in ragione della complessità della specifica normativa.

Il mio intento, quindi, è quello di cercare di chiarire il più possibile il tema, visto che la sentenza della Cassazione Penale, Sez. III, 29 settembre 2022, n. 36817, verte proprio sull’individuazione delle operazioni necessarie alla messa in sicurezza di un veicolo fuori uso, al fine di poter sancire la definitiva cessazione della qualifica di “rifiuto”.
Nel caso preso in considerazione dalla Cassazione, la Corte d’Appello di Genova ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Genova aveva condannato Tizio alla pena di 5 mesi di reclusione, con il concorso delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, e ritenuta la continuazione, in ordine ai reati di cui all’art. 259, Testo Unico Ambiente (spedizione illegale transfrontaliera di rifiuti) e 483, e 61 n. 2, c.p. (falsificazione della bolletta doganale), in relazione ai fatti contestati all’imputato.
È utile precisare che l’art. 259 Codice Ambiente (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – Norme in materia ambientale o Testo Unico Ambientale (TUA)), rubricato “Traffico illecito di rifiuti” stabilisce:

“1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell’articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell’Allegato II del citato regolamento in violazione dell’articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell’ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l’arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto”.

Avverso la sentenza della Corte di Appello, Tizio propone ricorso per cassazione deducendo, con il terzo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione al D.lgs. 209/2003, all. I, punto 5) lett. e), in ordine alla legittima presenza residua di olio nei motori bonificati e quindi sull’erronea qualifica di rifiuto degli stessi.
In sintesi, richiamata la norma in questione, si sostiene che i giudici l’avrebbero ignorata, senza tener conto del fatto che, invece, l’operazione di messa in sicurezza dei motori condotta togliendo per scolatura la maggior quantità possibile di olio o liquido refrigerante era da ritenersi corretta, in quanto la modesta quantità residuale di liquidi che resta all’interno dei motori è indispensabile per il loro successivo reimpiego come parti di ricambio e quindi conforme alle prescrizioni di legge.

II. Volendo svolgere una sintetica analisi della normativa in materia, deve essere rilevato che, a norma dell’art. 46 del D.L.vo n. 22/1997 – poi abrogato dall’articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – il proprietario di un veicolo a motore che intendeva procedere alla demolizione dello stesso doveva consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione. Tali centri di raccolta potevano «ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore» e dovevano comunque essere autorizzati ai sensi degli artt. 27 e 28 dello stesso D.L.vo n. 22/1997.

I veicoli «fuori uso» assumevano il carattere di rifiuti fin dal momento in cui venivano dismessi dal proprietario, che se ne disfaceva proprio attraverso la consegna al demolitore.

Il 22 agosto 2003, poi, è entrato in vigore il D.L.vo 24 giugno 2003, n. 209 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso) con cui è stata introdotta in Italia una nuova normativa concernente il recupero e il riciclaggio di materiali provenienti da veicoli a fine vita. Detto D.L.vo non contiene norme più favorevoli e, all’art. 3, considera un rifiuto il veicolo «fuori uso», ossia un veicolo a fine vita di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi o quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono ancorché giacente in area privata.

Con la richiamata sentenza n. 36817 del 29 settembre 2022 la Cassazione ha precisato che affinchè un veicolo fuori uso perda la qualifica di rifiuto occorre dimostrare  di aver correttamente posto in essere tutte le operazioni di recupero che comportano la cessazione della qualità di rifiuto.

La Corte ha rammentato infatti che: “I veicoli fuori uso e i prodotti del loro smantellamento sono rifiuti ai sensi della voce ‘16 01’ dell’allegato D alla parte IV del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, richiamato dall’art. 184, comma 5, dello stesso decreto e a norma dell’art. 184 ter, comma 1, d.lgs. 152 del 2006, un rifiuto cessa di essere tale solo quando sia stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfi i criteri e le condizioni in esso previsti. Sempre il d.lgs. 152 del 2006, art. 184 ter, comma 4, richiama espressamente anche il d.lgs. n. 209 del 2003, secondo il quale le parti di autoveicoli risultanti dalle operazioni di messa in sicurezza di cui allo stesso decreto, provenienti dai centri di raccolta autorizzati di cui al decreto, costituiscono rifiuti trattabili per il recupero in regime semplificato a sensi del d.m. 5 febbraio 1998, sub allegato 1-5. Ne consegue, dunque, che le parti di autoveicoli recuperate a seguito di messa in sicurezza, da parte del soggetto autorizzato e con il concorso delle condizioni di cui allo stesso d.lgs. 152/2006, art. 184 ter, cessano di essere rifiuti. “

Nel caso concreto preso in considerazione dalla sentenza in esame il ricorrente, che aveva impugnato la decisione della Corte di Appello, confermata poi dalla Cassazione, non aveva invece dimostrato di aver correttamente posto in essere tutte le operazioni di recupero, che comportano la cessazione della qualità di rifiuto, risultando al contrario l’esatto opposto per l’accertata presenza, nel container con il quale li trasportava, di parti di autoveicoli integri e, dunque, non bonificati.

A suffragare tali conclusioni, anche il primo giudice aveva ribadito che “le operazioni per la messa in sicurezza dei veicoli fuori uso, necessarie per determinare il loro recupero con conseguente cessazione della qualifica di rifiuto, prevedono la rimozione dell’olio (motore e del circuito idraulico), con un margine di tolleranza minimo (nel senso che, se pure può accettarsi la presenza di minime tracce di sostanza lubrificante, certamente non può essere consentita, al fine di considerare compiuto il recupero e la messa in sicurezza, la fuoriuscita dal motore di quantitativi di olio lubrificante non irrilevanti)”.

Le conclusioni raggiunte dalla sentenza  del  29 settembre 2022, peraltro, si pongono in perfetto  accordo con la precedente giurisprudenza della Suprema Corte sull’argomento, così come si evince dalla pronuncia della  Sez. 3, n. 58312 del 25/10/2018 – dep. 27/12/2018, Caselli, secondo cui,  a norma dell’art. 184-ter d.lgs. 152/2006 e del d.lgs. 24 giugno 2003, n. 209 (recante, “Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso”) – v., in particolare, l’Allegato 1, punto 5.1., lett. e) – le operazioni per la messa in sicurezza dei veicoli fuori uso, necessarie per determinare il loro recupero con conseguente cessazione della qualifica di rifiuto, “prevedono la rimozione dell’olio (motore e del circuito idraulico)” e, se pure può accettarsi una piccola tolleranza, vale a dire che ne rimangano tracce, certo “non può ritenersi recuperato e messo in sicurezza un motore usato da cui fuoriescano cospicui spandimenti di olio”, come invece esattamente avvenuto nel caso di specie.

Roma, 27 marzo 2023

Avv. Massimo Biffa